Il Trauma: perchè non è sufficente dimenticare

Nella storia di ciascuno di noi sono accaduti eventi traumatici. Per i piu fortunati si tratta di piccoli traumi relazionali, come può essere una presa in giro di un compagno di scuola o una recita scolastica andata male; per i meno fortunati si tratta di traumi maggiori ovvero di episodi gravi come può essere un lutto improvviso, un incidente stradale, un abuso subito..
La nostra mente, organo eccezionale, è già predisposta all’elaborazione degli eventi altamente emotivi ed accade, quindi, nella maggior parte dei casi, che i traumi vengano adeguatamente elaborati ed archiviati. Purtoppo ci sono casi in cui, invece, questo meccanismo si “inceppa” e, al posto dell’elaborazione, la mente rimuove il ricordo traumatico operando una dissociazione emotiva dai fatti accaduti.
Rimozione e dissociazione sono infatti i due meccanismi difensivi più potenti che la mente ha per difendersi dal dolore. L’illusione di stare bene è legata al fatto di non ricordare, l’accaduto con chiarezza e si può credere che sia sufficente non pensarci per andare avanti.
Il problema, che è stato chiaro da Freud in poi, è che i contenuti inconsci non sono parti disattivate e silenti di noi. Sono solo parti di cui noi non abbiamo consapevolezza e di cui non possiamo occuparci ma che continuano a compromettere la nostra salute psicologica.
Ecco che allora non capiamo perchè stiamo male, somatizziamo, abbiamo dei complessi, ci portiamo dietro i soliti problemi nelle relazioni sentimentali.
Occorre slatentizzare ciò che è stato rimosso, tirare fuori la polvere da sotto il tappeto, guardare in faccia gli scheletri dei nostri armadi insomma…
Oggi la psicoterapia Emdr offre il protocollo clinico più rapido ed efficace per elaborare i traumi del passato e poterli finalmente superare liberandosi dai condizionamenti inconsci dovuti alla loro rimozione e dissociazione. Il ricordo traumatico può essere affrontato e superato, in un contesto sicuro con tatto e riservatezza. Non c’è niente da temere, si può fare ad ogni età, si è sempre in tempo per occuparsi di sè stessi, per affrontare i fantasmi del passato e diventare persone più libere e serene!.

Quali disturbi possono essere curati con l’Emdr?

L’Emdr è un protocollo terapeutico scientificamente testato per la cura dei sintomi dovuti ad un TRAUMA non elaborato. I disturbi che derivano dalla mancata elaborazione di un trauma possono essere i più diversi: disturbi fobici, ansiosi, depressivi, relazionali etc. Tutti noi, per il semplice fatto di vivere, siamo esposti all’eventualità di sperimentare traumi psicologici (dal greco “ferite dell’anima”). Nella maggior parte dei casi riusciamo da soli ad elaborare e superare la brutta esperienza. A volte, invece,il ricordo dell’evento vissuto, non elaborato, continua a ripercuotersi nel presente con conseguenze patologiche.

Esistono traumi che si possono definire “con la T maiuscola”: sono ferite importanti che minacciano la nostra integrità come calamità naturali, incidenti stradali, aggressioni, stupri, omicidi o suicidi di persone care, diagnosi infauste. Ma vi sono anche traumi “con la t minuscola”, esperienze che sembrano oggettivamente poco rilevanti ma che possono assumere un peso soprattutto se ripetute nel tempo o subite in momenti di particolare vulnerabilità o nell’infanzia. E’ allora che umiliazioni, abbandoni, trascuratezza e paure possono lasciare il segno modificando non solo i nostri atteggiamenti, le emozioni e le relazioni con gli altri nel corso della vita ma, questa è la novità scientifica, imprimendosi anche in specifiche aree del cervello, come hanno dimostrato studi all’avanguardia nel campo della neurobiologia. Ciò vale sia per i traumi maggiori come per quelli minori. I disturbi che derivano dalla mancata elaborazione di un trauma possono essere i piu diversi: disturbi fobici, ansiosi, depressivi, relazionali etc.

Come si svolge una seduta di Emdr?

Inizialmente lo psicoterapeuta che ha ricevuto la specifica formazione in EMDR raccoglie la storia del paziente, identificando con lui gli eventi che hanno contribuito a sviluppare il problema: attacchi di panico, ansie, fobie. Sono questi ricordi che verranno elaborati con l’EMDR. Il paziente viene invitato a notare i pensieri, le sensazioni fisiche e immagini collegati con l’esperienza traumatica, nel contempo il terapeuta gli fa compiere dei semplici movimenti oculari, o procede con stimolazioni alternate destra-sinistra. Tali stimolazioni hanno lo scopo di favorire una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali e si basano su un processo neurofisiologico naturale, simile a quello che avviene nel sonno REM (fase del sonno in cui si sogna). Dopo l’EMDR il paziente ricorda ancora l’evento ma sente che tutto ciò fa parte del passato ed è integrato in una prospettiva più adulta. Dopo una o più sedute i ricordi disturbanti legati all’esperienza traumatica si modificano: il cambiamento è molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento, i pensieri intrusivi si attutiscono o spariscono, le emozioni e sensazioni fisiche si riducono di intensità. Studi randomizzati controllati hanno dimostrato che nel giro di 3-6 sedute si ha dal 77 al 100% di remissione del DSPT in vittime di traumi singoli mentre occorrono almeno 12 sedute per vittime di traumi multipli come per esempio nei reduci di guerra.

Cos’è l’Emdr?

L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un trattamento psicoterapeutico scoperto nel 1989 dalla psicologa americana Francine Shapiro. Utilizzato in origine per alleviare lo stress associato ai ricordi traumatici ha ricevuto negli anni abbondanti supporti clinici coinvolgendo psicoterapeuti, ricercatori della salute mentale, neurofisiologi. Oggi è considerato il trattamento evidence-based per il DSPT (Disturbo da Stress Post Traumatico), validato da più ricerche e pubblicazioni di qualunque altra psicoterapia nel campo del trauma. E’ approvato, tra gli altri, dall’American Psychological Association (1998-2002), dall’American Psychiatric Association (2004), dall’International Society for Traumatic Stress Studies (2010), dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2013 e dal nostro Ministero della salute nel 2003. Gli aspetti vincenti dell’EMDR sono la rapidità di intervento, efficacia e la possibilità di applicazione a persone di qualunque età, compresi i bambini.

La paura patologica di scegliere

“Abulomania”, “Decidofobia”, questi termini  indicano il disturbo caratterizzato da una paralizzante indecisione. Una vera e propria  “paralisi della volontà” associata ad ansia, stress e nei casi più gravi persino a depressione che influenza gravemente la capacità di un individuo di funzionare nella società.

E’ frequente  che l’abulomania sia un risultato diretto dell’eccesso di coinvolgimento e del comportamento intrusivo da parte delle figure primarie di accudimento nei primi anni di sviluppo della personalità di questi pazienti. Questo stile di relazione  promuove una sorta di dipendenza nel bambino che soddisferà le esigenti richieste del genitore. La lealtà è premiata, ma ogni tentativo che il bambino fa verso l’indipendenza è punito. Gli individui con questo disturbo imparano dai loro genitori, che spesso non riescono a esprimere emozioni e sono estremamente controllanti, ad avere un ruolo scarsamente definito all’interno del sistema familiare.

L’umiliazione sociale è un altro fattore importante nello sviluppo dell’ abulomania durante gli anni dello sviluppo. Questi pazienti hanno quindi dei dubbi sulla loro capacità di svolgere compiti, assumere nuove responsabilità e funzionare indipendentemente dagli altri, il che rafforza i loro sospetti di non essere in grado di vivere senza l’aiuto di altri. Presentano quindi sentimenti di impotenza che costringono altre persone nella loro vita a svolgere una sorta di ruolo di caregiver.

I sintomi possono includere:

  1. Evitare di passare il tempo da soli
  2. Evitare la responsabilità personale
  3. Divenire facilmente ferito da critiche o disapprovazioni
  4. Diventare eccessivamente concentrati sulla paura di essere abbandonati
  5. Diventare passivi nelle relazioni
  6. Sentirsi molto turbato o impotente quando le relazioni finiscono
  7. Non riuscire a prendere decisioni senza il supporto degli altri
  8. Avere problemi a esprimere disaccordi con gli altri

La psicoterapia, in particolare ad orientamento sistemico-relazionale, è la principale forma di trattamento, con l’obiettivo di aiutare l’individuo a diventare più attivo e indipendente e imparare a sviluppare relazioni sane. Una terapia a breve termine è preferibile, poiché la terapia a lungo termine può portare a una sorta di dipendenza dal terapeuta. L’allenamento di assertività  aiuterà l’individuo a sviluppare la fiducia in sè stesso, a definire i propri bisogni e i propri desideri e ad esprimerli agli altri senza paure.

La Dipendenza Affettiva

La Dipendenza affettiva è definibile come uno stato patologico in cui la relazione di coppia è vissuta come una condizione unica, indispensabile e necessaria per la propria esistenza. All’altro viene attribuita un’importanza tale da annullare sè stessi e non ascoltare i propri bisogni. Tale meccanismo viene perpetuato per evitare di affrontare la paura piu’ grande: la rottura della relazione.

Il rapporto col partner è caratterizzato da assenza cronica di reciprocità. La persona amata  è spesso problematica o sfuggente, apparentemente forte con un ego ipertrofico e importanti tratti di tipo narcisistico. Generalmente tenderà ad avvilire le debolezze del dipendente, sul piano del fisico e del carattere, operando frequentemente un confronto con un’ipotetica altra persona sempre migliore di lui; alla lunga questo atteggiamento determinerà nel dipendente affettivo una maggiore insicurezza che porterà a reazioni di gelosia, rabbia e paura.

Verrà così ad instaurarsi un circolo vizioso che si autoalimenterà e incrementerà la perdita di autostima ed autoefficacia, l’allerta continua ed il terrore della perdita, che si manifesteranno con un senso di ansia costante e un aumento di controllo della relazione.

Un percorso psicoterapeutico può aiutare la persona con Dipendenza Affettiva a superare le condizioni di sofferenza legate a tale stato patologico restituendo la giusta centralità a sè stessa. La psicoterapia sistemico-relazionale è sicuramente l’approccio teorico migliore essendo, questa, una patologia della relazione.

Diventare adulti oggi : Lo Svincolo

Al mio studio arrivano molti giovani in crisi, che manifestano disagi quali:

ansia, attacchi di panico, disturbi alimentari, dipendenze, abbandono scolastico, problemi relazionali.

Questi sono alcuni dei problemi che mi raccontano i giovani, molto spesso le difficoltà di comunicazione con i genitori, il non sentirsi capiti ed ascoltati, le insicurezze, le separazioni sono argomenti che ci ritroviamo ad affrontare, ma ciò di cui mi rendo sempre più spesso conto è che i nostri ragazzi non riescono a diventare adulti, hanno cioè difficoltà di SVINCOLO dalla famiglia d’origine che spesso crea disagio, insicurezza, insofferenza e timore di entrare a far parte del mondo, con la conseguente difficoltà di “crescere e vivere”.

Cosa significa svincolo?

Lo “svincolo” è la fase di passaggio dalla famiglia al mondo esterno.

Oggi questa transizione rispetto al passato si è molto prolungata, infatti assistiamo “ad un ingresso nell’adolescenza sempre più precoce (11-12 anni) ad un prolungamento di questa (fino a 19- 20 anni) ed alla costituzione di una nuova fase denominata post adolescenza o fase del giovane-adulto (che si può protrarre sino ai 35 anni)” (Scabini, Cigoli 2000).

La fase di svincolo quindi è tardiva e  i motivi sono fondamentalmente due:

1- la società è respingente (difficolà nell’inserimento lavorativo, precarietà, costo della vita elevato, incertezze, ecc.);

2- la famiglia è accogliente (sostegno economico, notevole libertà, ampi margini di negoziazione, clima supportivo).

Ma la difficoltà di oggi è far raggiungere la piena responsabilità adulta alla nuova generazione, anche perchè il momento della “separazione” è un periodo di cambiamento per il figlio ma anche per i genitori.

Come dicono Scabini e Cigoli (2000), “ogni transizione è segnata, in misura diversa, da due grandi temi affettivi: il dolore della perdita di ciò che si lascia (il vecchio) e la speranza- fiducia di ciò che si acquista”, ed oggi si è più concentrati sul distacco, su ciò che si perde piuttosto che su quello che si riceve, dato che le speranze e la fiducia vengono meno.

Fondamentale è l’atteggiamento dei genitori che influenzano il buon esito o meno dello svincolo.

“L’atteggiamento più adeguato è assunto da quei genitori che esprimono la tristezza per il distacco del figlio unita però alla convinzione di essere in grado di superare l’inevitabile vuoto che essa comporta” (Scabini, Cigoli 2000).

In questo momento la coppia come tale, deve prepararsi all’uscita dei figli, cercando di reinvestire su di essa.  Il rapporto torna ad essere centrato sulla coppia coniugale e può godere di maggiori spazi e tempi per sè. La donna che ha investito e sacrificato la vita per i figli può provare un forte senso di vuoto e di inutilità.

Sempre più frequentemente questo momento è un periodo critico per la coppia e non a caso negli ultimi anni aumentano le separazioni di coppie con figli giovani- adulti.

Quindi come fare a superare questo momento?

Un lavoro terapeutico centrato sulla riflessione delle dinamiche familiari e relazionali, sull’eredità che ci portiamo dietro dalle generazioni precedenti, può aiutare a crescere ed aumentare quella speranza- fiducia che in alcuni momenti viene meno.

Bibliografia:

  1. Scabini, V. Cigoli, “Il famigliare” 2000 Raffaello Cortina Editore.

Carezze

Il mio recente viaggio napoletano mi ha stimolato una riflessione che vorrei condividere con voi. Quanto è bello che le persone ci sorridano quando ti salutano? Quanto ci scalda il cuore un caffè offerto o un consiglio dato senza volere niente in cambio? La generosità napoletana, la spontaneità della gente mi ha fatta sentire bene perché anch’io, come tutti del resto, ho bisogno di quelle che Berne chiama “CAREZZE”. In analisi transnazionale le carezze si definiscono come “dei riconoscimenti che avvengono tra due persone e che comportano una certa dose di emozione”. Le Carezze possono essere gesti, come un sorriso, una carezza appunto, un abbraccio, un favore, un regalo.. ; ma ci sono anche carezze verbali, come un complimento, un saluto…Le carezze possono essere anche negative quando sono associate a sentimenti sgradevoli ovviamente.
La nostra vita è piena di carezze, ma proviamo a farci qualche domanda a proposito e potremmo sorprenderci di ciò che ci risponderemmo:
Quante carezze nell’arco di una giornata faccio generalmente agli altri?
Quante carezze invece ricevo dagli altri?
Sono più le carezze positive o negative quelle che faccio? E quelle che ricevo?

Potrei andare avanti con altre domande che approfondirebbero l’argomento ma mi dilungherei troppo e, del resto, credo che abbiate capito il punto.
Per concludere però vi lascio il testo di una famosa favola scritta nel 1970 da Claude Steiner, psichiatra, uno dei primi analisti transazionali che si è molto occupato di Carezze :LA FAVOLA DEI CALDOMORBIDI
Per chi di voi ha figli o nipoti può essere una bella e stimolante lettura da fare insieme!

CALDOMORBIDI Pdf

La psicoterapia ad indirizzo sistemico-relazionale

Che cos’è? La terapia ad orientamento sistemico-relazionale è una modalità di intervento  mirata a fornire un aiuto efficace ed un sostegno emotivo a persone che stanno attraversando un periodo difficile della propria vita. Chiunque si trovi in una condizione di disagio (nella relazione di coppia, in famiglia, nel contesto lavorativo, nell’ambiente scolastico, nel rapporto con se stesso) e desideri cambiarla, può considerare la psicoterapia come uno spazio elettivo per chiarire, affrontare e superare i propri problemi.

Come si svolge? La terapia ad orientamento sistemico-relazionale prevede una modalità di lavoro basata sul colloquio faccia a faccia. La  prima fase della terapia, che dura generalmente un paio di incontri, si pone come obiettivo la conoscenza reciproca e la focalizzazione del problema presentato. Al termine di questa prima fase verrà fatta una proposta di intervento personalizzata: a seconda delle problematiche presentate dal cliente e delle sue esigenze verrà concordato il tipo di percorso terapeutico più adatto.

Per quali problemi è indicata? La consulenza psicologica e la psicoterapia ad orientamento sistemico-relazionale sono indicate per affrontare disagi legati alla sfera individuale, a quella di coppia ed a quella familiare. In particolar modo ci occupiamo di:
– Disturbi d’ansia e fobie
(attacchi di panico, agorafobia, claustrofobia, fobia scolare)
– Disturbi alimentari psicogeni
(anoressia, bulimia, obesità)
– Depressioni ed altri disturbi del tono dell’umore
– Problematiche di coppia
(conflitti, difficoltà di comunicazione, disturbi sessuali)
– Situazioni di disagio scolastico
(in bambini, adolescenti o giovani adulti)
– Disagi psicologici legati a situazioni stressanti

Quanto puo’ durare una terapia? La durata dell’intervento, di consulenza o di psicoterapia, viene  concordata con il cliente. La terapia sistemica si configura come un tipo di terapia “breve“. Tale definizione va intesa in relazione al numero solitamente piuttosto limitato delle sedute. In base alla nostra modalità di lavoro gli incontri sono generalmente a cadenza settimanale, in una prima fase, e quindicinale o addirittura mensile, in una fase successiva di intervento.

Diverse tipologie: quali differenze?

Terapia individuale Gli incontri prevedono una convocazione individuale. Tuttavia l’individuo, pur essendo solo nella stanza di terapia, porta comunque con sé tutte le relazioni significative che animano la propria vita nel presente, nel passato e nell’ipotetico futuro. L’attenzione del terapeuta sarà pertanto comunque rivolta alla dimensione relazionale ed interattiva del cliente, non tralasciando comunque pensieri, emozioni, storie e vissuti legati alla dimensione individuale.

Terapia di coppia Sono invitati a partecipare agli incontri i membri della coppia. Obiettivo di tale tipo di intervento è quello di favorire una messa a fuoco dei meccanismi e delle problematiche relazionali con l’intento di favorire una risoluzione dei conflitti ed un maggior grado di benessere di ciascuno dei membri della coppia. Questa tipologia di intervento è particolarmente indicata per difficoltà di comunicazione all’interno della coppia, per difficoltà nell’area della sessualità, per difficoltà in fase di separazione e per un supporto al ruolo genitoriale

Terapia familiare E’ la forma “storica” e forse più conosciuta di intervento sistemico. Sono invitati a partecipare alla seduta i membri della famiglia. Solitamente viene convocato il nucleo convivente ma nell’arco del processo di cura è possibile estendere l’invito anche ad altri familiari, amici o altre figure importanti per il sistema. Storicamente legata alla terapia dei disturbi alimentari psicogeni (anoressia e bulimia soprattutto), la terapia familiare è un tipo di trattamento oggi consigliato per molti altri tipi di disagio, tra cui disturbi d’ansia e del tono dell’umore nonché per gli interventi su bambini.